27
Ott

Meloni in difesa dei veti di Orban

Tagli e centralizzazione dei fondi europei per la coesione, sottratti alle Regioni; taglio dei fondi e smantellamento della Politica agricola comune, dopo aver cavalcato furbescamente i blocchi dei trattori; azzeramento di qualsiasi norma ambientale, con la scusa della semplificazione; paralisi istituzionale dell'Ue e un sentito ringraziamento al presidente Trump che ci mette i dazi e sta desertificando la nostra industria dell'export. Benvenuti nella nuova Europa guidata dai governi di destra, a partire dal nostro, con un aiuto sempre più strutturale dell'estrema destra.

Ai sedicenti europeisti, che ambiscono a sventolare la bandiera europea dai banchi della destra, ci ha pensato Giorgia Meloni a togliere l'ultima foglia di fico: il Governo italiano è contrario alla riforma del diritto di veto nel Consiglio Ue. Lo ha detto nel suo discorso in vista del summit europeo di ottobre, accusando allo stesso tempo l'Unione europea di “debolezza”. Quindi sì all'amico Orbán, che con i suoi veti sistematici e strumentali impedisce all'Ue di concordare un semplice comunicato stampa, ma accusa all'Ue di non fare abbastanza.

Nella seconda sessione plenaria di ottobre del Parlamento europeo a Strasburgo la saldatura tra destra ed estrema destra si è materializzata ancora una volta nel voto sulla legislazione per proteggere il pianeta dalla deforestazione e sulla bocciatura del compromesso sul cosiddetto “Omnibus”, quello raggiunto per semplificare le normative ambientali senza per questo tornare all'Ottocento.

Per fortuna, insieme alle altre forze europeiste siamo riusciti a ottenere una bella vittoria sul bilancio europeo, con un parere che chiede ai governi, purtroppo molti di destra, di avere più coraggio, di non tagliare il bilancio e di rafforzare le politiche che servono ai cittadini europei per vivere meglio. Ora spetta a Meloni, e al suo commissario europeo e, paradossalmente, ex presidente di Regione, Raffaele Fitto, difendere le politiche e le risorse per lo sviluppo.